Lavorando con la rete, sposando le sue modalità, respirando la sua connaturata democraticità e la sua stretta affinità con le regole naturali dell’evoluzione umana (si perché la rete funziona in quanto le singole unità che la compongono sono persone, non bisognerebbe dimenticarlo mai) mi viene spesso da pensare ai cosiddetti “nativi”: quei giovani che sono cresciuti in un mondo in cui internet è considerata come l’energia elettrica dalle generazioni precedenti.
Non solo nell’ovvietà della sua presenza ma anche nella potenzialità delle sue caratteristiche: la condivisione, la conversazione, la conoscenza. Una naturale espansione delle possibilità umane, un super potere che attraverso una sintonizzata nuova idea può aprire prospettive sociali ed economiche inaspettate.
Pensando a questi “nativi” mi viene da chiedere come potranno considerare coloro che dovrebbero organizzare la vita di questo paese quando tentano di risolvere, nella più palese ignoranza, i “problemi” legati ad internet.
Penso a questi “nativi” per i quali è naturale cercare informazioni, conversare con coloro che ne sanno di più (anche se non li hanno mai visti in vita loro ma attraverso la loro reputazione sono diventati dei riferimenti), discutere ed allargare il proprio punto di vista frequentando “luoghi” in cui gli argomenti vengono approfonditi.
Cosa potranno pensare questi “nativi” di coloro che tentano di rimodellare a colpi di proclami e sensazionalismi un mondo che per loro è naturale?
Vi consiglio un post davvero intelligente di Stefano Hesse sul suo blog.
Conseil Comunicazione – Andrea Ferrato